Il Professor Praloran è stata indiscutibilmente una gran persona, un vero maestro di vita.

Ho avuto la grande fortuna di passare molti bei momenti con lui e con la sua famiglia e penso che sia difficile scrivere un testo che in poche pagine riesca a restituire l’immagine della brava persona che era il professor Praloran. Tuttavia, ho selezionato qui alcuni momenti che si sono impressi nella mia memoria in modo particolare.

 

La prima volta che lo conobbi fu in occasione della presentazione della sezione di italiano. Si trattava della mia prima settimana all’università, tutto era nuovo; la lingua di comunicazione, lo stabile gigantesco, la miriade di compagni, i professori. Mi bastava soffermarmi a pensare di essere all’università per fomentare l’agitazione e l’ansia che si erano impadronite di me, mi sentivo spaesata e terribilmente sola. Ci fu quasi una ressa per entrare nell’aula dove si sarebbe presentata la sezione di italiano, riuscii a guadagnarmi un posto nelle prime file e piena di apprensione mi preparai ad ascoltare il discorso del direttore di sezione, che temevo sarebbe stato elitario come quello della sezione di ******. Invece Marco Praloran, prima ancora di parlare, ci sorrise e il suo sorriso, ne sono certa, rassicurò molti che come me erano agitati. Poi, con amabilità, presentò i membri della sezione di italiano, come se tutti facessero parte di una grande famiglia, spiegò con simpatia gli obiettivi e concluse con un’osservazione che mi sorprende ancora oggi: “quello che vogliamo insegnarvi è  amare lo studio, voi magari andrete in biblioteca per consultare un libro che vi servirà per la preparazione di un seminario e l’occhio vi cadrà sul libro a fianco e allora lo prenderete e incomincerete a leggerlo e amarlo… e questo vorremmo succedesse con altri libri… È questo amore per la lettura che vogliamo trasmettervi ”. Con questa frase ci aveva già impartito una  lezione di vita: non limitarsi a svolgere il proprio lavoro, la propria ricerca, senza ampliare gli orizzonti della propria mente, ma interessarsi a tutto.

Non ricordo una sola lezione noiosa del Professore, è inutile nasconderlo; può capitare che alcuni professori corrano il rischio di annoiare gli studenti, ma non è questo il caso di Marco Praloran. Egli ci deliziava con aneddoti divertenti ogni volta e con molta semplicità ci trasmetteva concetti ordinariamente “barbosi”.

Ad esempio ricordo che aveva un modo singolare e unico di riassumere “in grandi linee” la trama di una storia, come, ad esempio, “un brutto porco rapì la ragazza e il brutto porco…”.

Leggeva con trasporto, tanto che sento ancora nelle orecchie la sua voce narrare Il barone rampante: “No, e poi no!- fece Cosimo, e respinse il piatto -Via da questa tavola! Ma già Cosimo aveva voltato le spalle a tutti noi e stava uscendo dalla sala”.

Una volta, per spiegarci la relatività del tempo, citò un esempio che credo tutti conoscano e condividano: “Il tempo può passare velocemente oppure molto, ma molto lentamente, come quando siete a casa di alcuni amici che vi mostrano le diapositive delle loro vacanze e si soffermano su particolare noiosi e ritornano su diapositive già viste per migliorare la spiegazione. Il tempo non passa più”.

Aveva l’amabilità di non farti sentire mai inferiore o stupido; se non eri in grado di dare una risposta diceva “Non si preoccupi Signorina, è…” e passava alla spiegazione, se invece facevi un’osservazione giusta esordiva con un rassicurante “Molto giusto,…”.

Spesso citava i numerosi libri che aveva letto e subito ci diceva “Non dovete preoccuparvi se non conoscete tutti i testi che cito, io sono vecchio e ho avuto più tempo per leggere tutti questi libri.”

 

Avevo l’abitudine di usare avverbi come “praticamente” o “assolutamente”, un giorno a lezione ci fece riflettere sull’utilità, o meglio, sull’inutilità di questi avverbi nella maggioranza delle frasi che pronunciamo. Aveva ASSOLUTAMENTE ragione, perciò oggi cerco di tralasciarli.

 

Tuttavia i suoi insegnamenti non si sono limitati al milieu scolastico; il professore, con la sua felicità, il suo buon umore, la sua pazienza e disponibilità, ha trasmesso inconsciamente a tutti noi qualcuna di queste sue qualità. Soprattutto la pazienza, che aveva lo rendeva così unico. Infatti, Marco Praloran è l’unica persona in tutta la mia vita che io non abbia mai visto arrabbiata; non si è mai “scaldato”, e, anche se le circostanze lo avrebbero ampiamente giustificato, egli preferiva mantenere il suo sorriso e relativizzare.

Quando appresi della sua malattia rimasi sconcertata, mi posi domande sulla giustizia; quale equità può esserci al mondo se un uomo così buono e intelligente è costretto ad affrontare una malattia così subdola? Anche in questo caso Marco Praloran mi ha insegnato molto.

Andai a trovarlo e fu veramente felice di vedermi, mi chiese come stavo togliendomi così dall’imbarazzo di dover cominciare il discorso, giacché non ritenevo appropriato esordire con un “come sta?”.

La seconda volta che andai a trovarlo, mi disse che presto sarebbe uscito dall’ospedale e che gli avrebbe fatto piacere se fossi andata a trovarlo a casa. Ed è qui che il professore mi fece un gran regalo, perché a casa sua conobbi sua moglie, la cara Martina, una donna forte alla quale voglio molto bene, e Chiara, la sua dolce bambina. Ogni volta che andavo a trovarli venivo accolta in un ambiente caloroso e sebbene le circostanze fossero tristi, mai una sola volta percepii malessere e scontento in quella casa. Ho avuto così l’occasione di conoscere il Professore anche sotto l’aspetto del marito e del papà, un dolce e premuroso papà.

Una delle prime volte che andai a trovarli a casa portai loro un po’ di DVD frivoli da guardare e raccontai loro come stupidamente la sera prima, ascoltando la musica di uno di quei musical, mi fossi messa goffamente a ballare in camera senza pensare al fatto che mancassero le tende alla finestra… “non fa niente” disse lui con un sorriso. Le sue parole mi hanno sempre rassicurata.

Per me infatti è stato anche un grande amico, mi ha sostenuta nelle mie scelte, consigliata, ascoltata quando avevo dubbi o insicurezze e incoraggiata. Ricordo che in occasione di una mia supplenza fui maltrattata da un genitore che, forse per paura dei lupi, era contrario al fatto che io avessi dato da leggere al figlio Cappuccetto Rosso e per questo si ritenne in dovere di scrivermi una letteraccia. Il Professor Praloran mi chiese come stesse andando la supplenza e gli raccontai l’accaduto, lui con una sola parola pronunciata bene mi rincuorò, disse “Che stronzo!”. Altre persone avevano cercato di risollevarmi il morale, ma fu l’osservazione del Professor Praloran che mi confortò.

Oggi mi manca molto non vederlo girare per la scuola, non poter scambiare due parole con lui, non avere più la possibilità di imparare altro dalla sua grande persona e non poter più godere dei suoi preziosi consigli. Ha lasciato indubbiamente un grande vuoto, ma tutti i piacevoli ricordi che ho di lui, riescono a colmare in parte queste lacune.

La vita è piena di certezze e incertezze, di una cosa, però sono fermamente convinta: in cielo c’è un nuovo angelo dal gran cuore che si chiama Marco Praloran!

 

Addio caro Professore, un bacio dalla sua grata allieva e amica Eleonora